Celiachia: dalla diagnosi alla cura

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La celiachia, malattia di tipo autoimmune su base genetica, è indubbiamente la forma di patologia glutino-dipendente meglio conosciuta.

La celiachia è indotta, nei soggetti geneticamente predisposti, dall’ingestione di glutine, una miscela di proteine presenti in vari cereali, come frumento, orzo, segale.

I frammenti proteici che derivano dal glutine sono tossici per il celiaco e sono responsabili dell’infiammazione cronica intestinale che caratterizza la celiachia; questa determina il danno a carico della mucosa intestinale causa del malassorbimento.
Tale patologia interessa all’incirca 1% della popolazione generale, sia in età pediatrica che adulta, ma questa stima è destinata ad aumentare.

E’ stato infatti messo in evidenza in vari Paesi occidentali, un progressivo incremento di prevalenza della celiachia, fenomeno osservato anche per altre malattie di tipo autoimmune.

Con una popolazione residente pari a circa 60.000.000 individui, nel nostro Paese il numero di celiaci attesi è dunque pari a circa 600.000. Attualmente però i casi diagnosticati risultano essere meno di 100.000! Si parla così di “iceberg della celiachia” ad indicare che i casi tutt’oggi diagnosticati sono una minoranza (coincidente con la porzione emersa dell’iceberg).

I sintomi della celiachia sono estremamente eterogenei in relazione principalmente all’età.
La celiachia oggi si manifesta in età pediatrica solo in una bassa percentuale di casi con sintomi caratteristici quali diarrea, arresto della crescita e addome globoso, mentre nella maggior parte dei casi la diagnosi è “casuale”.

In età adulta il suo spettro clinico può risultare più eterogeneo e comprende quadri che vanno dal malassorbimento (rari), a sintomi clinici sfumati (frequenti), spesso in assenza delle classiche manifestazioni gastrointestinali, tanto da essere definita un “camaleonte clinico”. Questa eterogeneità clinica è spesso causa di mancate diagnosi o diagnosi tardive con rischio di complicanze.

La celiachia, poi, non di rado è associata anche ad altre malattie autoimmuni e genetiche, quali ad esempio diabete tipo I, tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide, epatite autoimmune, sindrome di Down e di Turner.
Tappa fondamentale nel percorso diagnostico della celiachia e’ il dosaggio di specifici marker anticorpali sierologici.

La reazione avversa al glutine si manifesta infatti con la comparsa di anticorpi specifici diretti contro la gliadina, l’endomisio e la transglutaminasi. La loro ricerca ha un ruolo anche nel follow-up del paziente celiaco: la loro negativizzazione infatti oltre che coincidere con la remissione del danno a livello della parete intestinale, indica una corretta aderenza alla dieta da parte del paziente.

Il soggetto in cui si evidenzia la positività dei markers sierologici di malattia verrà poi indirizzato alla esofago-gastro-duodeno scopia (EGDS) per l’esecuzione delle biopsie duodenali dal cui esame istologico si avra’ la conferma di malattia.

Dal 2012 tuttavia, nel bambino in particolari situazioni (clinica chiaramente riconducibile alla celiachia, Ab anti transglutaminasi a titolo molto elevato, genetica compatibile) è possibile porre diagnosi di malattia celiaca senza dover ricorrere alla conferma istologica.

Dopo la diagnosi la celiachia cessa di essere una malattia, in quanto si osserva la guarigione, ma diviene una condizione, caratterizzata dalla necessità di seguire una dieta priva di glutine.

L’alimentazione rigorosamente senza glutine è l’unica terapia efficace che garantisce alle persone celiache un perfetto stato di salute con scomparsa delle manifestazioni cliniche, normalizzazione degli esami e il ripristino della normale struttura intestinale.

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